LA FATICA

di Lorenzo Parolin[L1/22]

Aprile, aria tiepida, luce intensa, piante, fiori e un sentiero in salita.
“Papà, torniamo indietro, sono stanco; mamma, dammi la mano, non ce la faccio più.”
“Stringi i denti e non arrenderti; ancora un po’ e siamo arrivati.” Così rispondo a mio figlio di sei anni, ma, arrivati sulla cima, il piazzale è pieno di auto, e il bambino: “Papà, perché tutta questa fatica quando si poteva farne a meno?”
Una risposta gliel’ho data, ma non credo di averlo convinto.
Poi sono andato a ritroso nel tempo e mi sono rivisto nello studiolo, di due metri quadrati, appollaiato sulle travi del granaio, fatto di mano mia con tavole di recupero, foderato di cartoni per non morire assiderato d’inverno e cotto d’estate e tappezzato di carta bianca. Lì ho fatto i miei studi universitari, anche di dodici o più ore di fila nei giorni in cui non lavoravo. Più di una volta sono rimasto inchiodato su una pagina di matematica o di fisica per giorni interi, ma alla fine nessun teorema o problema mi ha mai resistito. Mai una volta mi sono arreso, anzi, più difficile si annunciava il problema più mi caricavo, pregustando la gioia della vittoria.
Fin da bambino, essendo nato nella povertà, sono stato abituato ad aiutare in casa anche nei lavori duri e, senza saperlo, mi sono ritrovato temprato nel fisico e nello spirito, mentre i miei compagni, che facevano la bella vita, crollavano di fronte a piccole difficoltà.
Il frumento, che mio padre talvolta concimava con tanta “grassa,” cresceva di un verde intenso, alto, con spighe grosse, ma il primo vento lo stendeva a terra e non alzava più la testa. Quello cresciuto sul terreno povero di concime, invece, portava la sua spiga a maturazione con qualunque tempo. L’ambiente troppo “ricco” nuoce sia al grano che all’uomo. Tutti nascono ugualmente inesperti, perciò tutti devono imparare a superare le difficoltà con l’esercizio. “Übung macht den Lehrer”, (l’esercizio rende maestri) dicono i tedeschi. Si deve cominciare dai gradi più semplici e padroneggiarli bene prima di passare a quelli più difficili; chi crede di poter crescere i figli evitando loro le difficoltà della vita, e aggiusta tutto con i soldi, in realtà li espone ad un grande pericolo, perché questi figli sono come scalatori senza allenamento che si trovano ad affrontare passaggi di quinto o sesto grado nei sentieri della vita; non ce la potranno fare o si faranno male. I soldi sono importanti non tanto per scansare le difficoltà, ma per pagare buoni maestri che insegnino ai nostri figli a superarle senza commettere tutti gli errori degli autodidatti. Il maestro però è solo una guida: nessuno può sostituirsi all’allievo; la fatica di apprendere se la deve fare tutta da solo. Per questo motivo io sto vicino a mio figlio, ma sulla sua strada non tolgo nessun ostacolo, tutti se li deve superare da solo. E credo che un giorno capirà.
Chi non beve l’amaro della vita un po’ per volta, diluito nel tempo, si troverà a berlo tutto d’un fiato e potrebbe fargli davvero male.
[rif www.lorenzoparolin.it L1/22]